La crisi economica spinge un grande numero di persone a cercare cure dentali all’estero, dove decine di cliniche private si sono trasformate in veri e propri tour operator, offrendo pacchetti che includono viaggio, alloggio e cure dentali a prezzi vantaggiosi.
200.000 italiani all’estero per protesi e impianti
Allettati dalle pubblicità sui social e da costi contenuti, anche tre volte più bassi rispetto all’Italia, ma anche dall’incredibile rapidità degli interventi, ogni anno circa 200.000 italiani fanno le valigie per andare in Albania, Croazia, Romania, Turchia o altri Paesi per protesi e impianti. È l’Albania, con circa 50.000 italiani ogni anno, la meta più gettonata per il turismo dentale, seguita da Croazia, Romania e Turchia.
Ma, spesso, al rientro in Italia serve intervenire di nuovo per rimediare a errori odontoiatrici o eventi avversi che compaiono dopo 3-6 mesi. Nel 60% dei casi si tratta di problemi gravi, come infezioni, ascessi o difficoltà a masticare, che portano alla perdita di protesi e impianti e vanificano il risparmio iniziale. Lo segnalano gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) durante il 23° Congresso Nazionale SIdP di Rimini, dedicato alla qualità delle terapie in parodontologia e implantologia.
“Il turismo dentale è un fenomeno che purtroppo non accenna a scomparire, anzi – osserva Francesco Cairo, presidente SIdP e professore di Parodontologia all’Università di Firenze –. Qualche tempo fa perfino l’Ambasciata italiana a Tirana ha dovuto diramare una nota per richiamare i nostri connazionali alla prudenza nel recarsi in cliniche private albanesi per le cure dentali, perché queste quasi sempre non rispondono a standard di qualità soddisfacenti. I costi sono inferiori, anche tre volte più bassi, così molti italiani vanno all’estero per risparmiare sulle terapie odontoiatriche, ma i rischi non mancano: materiali scadenti, studi odontoiatrici non adeguatamente sicuri, carenze di farmaci possono inficiare il risultato finale, esponendo a pericoli come ascessi, infezioni, difficoltà di masticazione che poi devono essere risolti al rientro in Italia. All’estero, infatti, spesso si ‘taglia’ sui tempi di guarigione e sui controlli post-operatori: i modi sbrigativi – puntualizza Cairo – comportano l’inserimento di impianti in numero maggiore a quelli utili perché si dà per scontato che alcuni potrebbero non funzionare. Inoltre, le protesi sono spesso compressive delle mucose o imprecise, perché non si lascia il tempo di guarigione biologica ai tessuti ossei e gengivali. Anche la visita si limita all’invio di una lastra, mentre la pianificazione di un piano terapeutico, richiede una anamnesi approfondita del paziente per una appropriata conoscenza delle sue condizioni cliniche”.
Come ridurre rischi e spese?
L’Italia è nella top ten dei migliori al mondo per le cure parodontali e le competenze sulle malattie gengivali, stando all’analisi delle pubblicazioni scientifiche degli ultimi dieci anni. Per ridurre i rischi, e anche le spese, sono necessarie diagnosi precoci, protocolli precisi e terapie di qualità. “Spesso, infatti, – spiega Cairo – si interviene mettendo impianti, ponti o corone senza pensare a curare i tessuti di supporto e senza prima risolvere infiammazioni, granulomi o altri problemi. Tutto questo compromette la salute orale, che invece viene tutelata se i pazienti si affidano a odontoiatri italiani che eseguono una diagnosi precoce, programmano un trattamento in fasi corrette e consequenziali, garantiscono l’impiego di materiali di qualità. Adottare la soluzione più veloce e a basso costo non è sinonimo di sicurezza, né di reale risparmio”.
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